Massimo Bellezza guida CPM nel ruolo di Presidente e Amministratore delegato. L’azienda, fondata nel 1967 a Beinasco (TO) dal padre Gianfranco, è una delle più innovative a livello globale nella progettazione e realizzazione di sistemi per la movimentazione e la produzione di autoveicoli. Partner Ufficiale di FCA, CPM ha realizzato impianti di produzione e soluzioni chiavi in mano con la formula “design for manufacturing” per le più importanti case automobilistiche mondiali, compresi i big dell’elettrico.
Come state affrontando questo periodo?
In CPM, fin da subito, abbiamo limitato le visite di clienti e fornitori, riducendole allo stretto necessario e promuovendo, dove possibile, meeting a distanza. Allo stesso modo sono state bloccate le trasferte. Non ci siamo comunque mai fermati ma l’attività è stata ridotta e attualmente in azienda è presente il 20-30% del normale personale. Il restante 70-80% sta operando in modalità smart working o usufruendo di giorni di ferie.
Il settore in cui operate è strategico per l’industria dell’auto, è facile svolgere un’attività come la vostra in smart working?
Le attività di engineering – così come quelle commerciali d’altra parte – sono essenziali per la nostra azienda ma non è facile svolgerle dalla propria abitazione. La gestione di software e licenze o le dimensioni dei file su cui lavorare rendono un po’ più complicata la modalità di lavoro in smart working rispetto ad altri settori. Ovviamente entrano in gioco anche fattori legati alla protezioni dei dati e dei progetti che sviluppiamo. Per consentire lo svolgimento di queste attività abbiamo quindi potenziato le misure di tutela in azienda, dotando il personale dei dispositivi di protezione necessari ma anche intensificando ulteriormente le normali operazioni di sanificazione di tutti gli ambienti.
CPM fa parte della multinazionale tedesca Dürr. Essere parte di un gruppo internazionale vi ha aiutati nella gestione dell’emergenza?
Certamente per noi è stato un vantaggio. Dürr ha creato un apposito Corporate Crisis Team che con cadenza giornaliera organizza una call a cui partecipano i vertici del gruppo di tutto il mondo. Lo scopo è avere una visione globale sulla situazione ma anche mettere a frutto le esperienze dei singoli Paesi per aiutare tutti gli altri a gestire l’emergenza. In questo senso abbiamo fatto tesoro delle informazioni che ci arrivano da Dürr China, che a Shanghai deve gestire una sede di 20.000mq con 1.200 dipendenti. Le loro misure sono estremamente rigorose: dai termoscanner per il rilevamento della temperatura, che viene però ulteriormente riverificata manualmente, ai tamponi per rilevare la presenza del virus. Perfino i pasti vengono somministrati da un catering esterno alla postazione di ciascun dipendente per evitare il più possibile la presenza di tante persone contemporaneamente all’interno di locali comuni. Misure che hanno funzionato e infatti l’azienda cinese ha ripreso a lavorare a pieno ritmo. In Europa invece, siamo purtroppo ancora nella fase in cui le aziende chiudono per contenere l’avanzata del virus.
Cosa crede che impareremo da questa lezione?
Mi pare evidente che il Paese abbia bisogno di implementare la cultura della tecnologia, a tutti i livelli e in tutti i settori. A partire dalle infrastrutture, per poter supportare lavoro agile e altre forme di intervento da remoto in futuro.
Come immagina il dopo?
Dobbiamo essere onesti e ammettere che in questo momento è difficile fare previsioni certe. Ovviamente ci immaginiamo una ripresa, che sarà per forza di cose graduale e richiederà un robusto sostegno da parte dello Stato. Come imprenditore però sono naturalmente propenso a vedere le crisi anche come opportunità. Dirlo oggi può sembrare quasi provocatorio, ma credo che sapremo correggere i nostri antichi difetti (assistenzialismo, mancanza di visione e di programmazione, lassismo…) avremo la straordinaria occasione per ridisegnare un’Italia migliore, più efficiente ma anche più giusta e forte sullo scenario internazionale.